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Rosa Matteucci, Costellazione familiare, Adelphi, 2016, pagine 167

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Contrariamente ai modelli diffusi dalla vulgata televisiva nazional-popolare, le famiglie sono quasi sempre teatro di conflitti, di sentimenti ambivalenti, di oppressioni con susseguenti tentativi di liberazione. In Costellazione familiare, Rosa Matteucci disegna una famiglia costituita da una madre rigida e incapace di mostrare i propri sentimenti, “una figura materna molto diversa dall’archetipo socialmente accettato”, un padre amorevole, ma irresponsabilmente dedito al gioco e alle cambiali e una figlia che cerca rabbiosamente di affermare la propria identità e la propria autonomia. Per la verità c'è anche una sorella, "Fran la bella", astrofisica, che se ne è andata presto di casa e conduce una, almeno in apparenza, appagata vita borghese.

Le relazioni familiari, dove odio, amore, distanza e tenerezza convivono, sono arricchite da un esercito di cani, che succedendosi, scandiscono non solo il trascorrere degli anni, ma i rapporti familiari stessi. Sullo sfondo fluisce, quasi senza scalfire le vicende familiari narrate, la Storia degli ultimi decenni, quella con la esse maiuscola.
Rosa cresce sotto l’imperativo categorico del “dover essere”. ”Ricordati che sei una bambina tedesca e “Il cane si annoia” (e quindi devi portarlo fuori!) sono l’intercalare più frequente con cui la madre Raffaella le si rivolge.

I cani che si succedono in casa sono tantissimi. Cani da nutrire, da intrattenere, da accompagnare in interminabili passeggiate nella campagna umbra. Cani che azzannano le caviglie dei visitatori, che inseguono ricci, talpe, lucertole, gatti, uccelli, bisce e topi. Cani che si rivoltano nel fango, si spidocchiano, annusano ogni schifezza, sorseggiano acqua putrida, seppelliscono ossi e persino dentiere. Cani dotati di un loro linguaggio segreto, di un codice di comunicazione che solo chi ha esperienza sa decifrare. Cani che fungono da tramite dell’affetto tra madre e figlia, mai manifestato esplicitamente e tuttavia, scopriremo alla fine del romanzo, fortemente presente pur se sotterraneo.
Cani che, quando non ci sono più, rendono vuota la vita degli esseri umani che li accudiscono e si fanno rimpiangere, infliggendo agli ex proprietari un dolore fisico che assomiglia alla crisi di astinenza.
Il rapporto con gli animali, non solo i cani, ma anche, per esempio, gatti e cimici, che diventano protagonisti delle ultime pagine del libro, sono uno uno dei temi principali del romanzo della Matteucci. Gli animali sono compagni di viaggio, condividono la nostra mortale sorte e questo basta a giustificare l’amore, quasi sempre ricambiato, che nutriamo nei loro confronti.

La madre di Rosa è una signora che si distingue dalla plebe circostante, è una raffinata conoscitrice della letteratura alta, ama le Elegie duinesi di Rilke. Sprona Rosa a soffocare la noia campestre e a distinguersi dagli ottusi tramite interminabili letture di "romanzi russi, francesi e americani".
Improvvisamente una malattia mortale, una polmonite, colpisce mamma Raffaella, che ha un solo polmone, l’altro essendo stato minato irreversibilmente dalla Tbc. E il romanzo si trasforma così nella dolorosa, disperata cronaca della prolungata agonia della madre, una cronaca interiore contrassegnata dal precipitare degli avvenimenti, ma soprattutto dal vissuto sofferente dei protagonisti.

“Provavo una pena indicibile nel vedere il corpo di mia madre corrompersi”.
Ci narra di  susseguirsi straziante di ricoveri, ospedali, corsie, case di cure, trasferimenti, terapie, medici e infermieri non sempre competenti e sensibili, intralci burocratici, obblighi da espletare,

L’ambivalenza dei sentimenti umani e familiari emerge drammaticamente in questo frangente. Il calvario della malattia di un congiunto getta nella disperazione e impone una riflessione sulla nostra vulnerabilità e sulla nostra condizione, transeunte, di uomini e di donne. L’agonia e la morte di un genitore acuiscono il senso di colpa e di inadeguatezza. La malattia inasprisce i lati negativi del carattere di chi sta male e di chi lo assiste. Al capezzale del malato terminale si vivono scontri, incomprensioni, egoismi, colpevolizzazioni, richieste contraddittorie, accuse, esigenze da soddisfare, visite quotidiane stancanti, situazioni imbarazzanti, voglia di fuggire, sentimenti di solitudine, di impotenza e di abbandono. Assistere il proprio genitore morente si trasforma presto in una discesa agli inferi. E, a morte avvenuta, riaffiorano i rimpianti, le cose che non si sono dette mentre il familiare era ancora in vita, ma soprattutto i ricordi, spesso accompagnati da una straziante dolcezza. Questo ci racconta la Matteucci nella parte emotivamente più toccante del suo romanzo.

Per rivivere le proprie relazioni familiari, la protagonista, insieme a uno scalcagnato gruppo di potenziali pazienti, partecipa pure ad uno psicodramma, organizzato da un improbabile psicologo new age. Lo scopo dello psicodramma è proprio quello di mettere in scena le “Costellazioni familiari”, che danno il titolo al libro, lo aprono e lo chiudono

In conclusione, Costellazione familiare è un’opera narrativa che, con uno stile fatto di humour corrosivo misto a commozione, di comicità mescolata a pietas, coinvolge il lettore fino all’ultima pagina e lo stimola a riflettere su alcuni degli aspetti solitamente rimossi, ma molto importanti, della vita.

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Pagina aggiornata il 27.06.16
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