
Personalmente preferisco leggere i libri di cui parlo, ma devo ammettere che le ipotesi avanzate da Bayard sono seducenti. Ne rimase affascinato persino Umberto Eco, che al pamphlet del professore francese dedicò una famosa "bustina di minerva", cui volentieri rimando il lettore esigente.
Bayard esordisce affermando di non trovare la lettura una attività particolarmente piacevole, ma che il suo ruolo di docente di letteratura lo obbliga a parlare di libri che in gran parte non ha letto. Non ha mai letto, per esempio, l'Ulisse di Joyce e non ha certo compiuto una lettura integrale della Recherche di Proust. Di più, su molti libri egli deve redigere dei testi critici. Ciò lo mette in conflitto con tre costrizioni fortemente interiorizzate dalla nostra epoca: l'obbligo di leggere che conferisce alla lettura un carattere sacro, l'obbligo di leggere tutto e l'obbligo di leggere assolutamente un libro prima di parlarne.
L'esito di queste costrizioni interiorizzate è l'ipocrisia sui libri effettivamente letti, la menzogna imbarazzata. Le persone colte si vergognano ad ammettere di non aver letto determinati libri. A volte si arriva all'autoinganno: si è convinti di aver letto un libro che in realtà non si è mai letto. Bayard sottolinea come esistano molteplici livelli di lettura, situati tra il leggere e il non-leggere. L'incontro con un testo riconosce molte forme. E così i libri non letti, ma di cui si sia sentito parlare "esercitano effetti sensibili su di noi, tramite le risonanze che da essi ci pervengono".
La nozione di "libro letto" è ambigua. Ci sono libri a noi totalmente sconosciuti, libri che abbiamo soltanto sfogliato, libri di cui abbiamo sentito parlare e libri che abbiamo dimenticato. La relazione che intratteniamo con i libri non è affatto omogenea, "bensì uno spazio oscuro infestato da frammenti di ricordi e il cui valore, anche creativo, dipende dai fantasmi dai contorni oscuri che vi abitano".
D'altronde, nemmeno un'intera vita può permetterci di leggere tutti i libri; l'importante, allora, non è tanto leggere per intero un libro, quanto avere una visione d'insieme della totalità dei libri. In questa visione d'insieme si riconosce la vera cultura, nella capacità quindi di mettere in relazione i libri tra di loro, piuttosto che nel conoscere meticolosamente alcuni singoli testi. Si deve cioè coltivare una visione d'insieme. "La cultura è soprattutto una questione di orientamento". Orientamento nella relazione dei libri tra di loro e orientamento all'interno di un testo (che si può ottenere velocemente anche dando soltanto una scorsa all'indice).
A volte per farsi un'idea precisa di un libro "basta leggere e ascoltare ciò che altri ne scrivono e dicono". Persino gli autori stessi sovente ignorano quanto hanno scritto nei volumi pubblicati. Infine - ancora una volta ci viene in soccorso Wilde - accanto ai libri da leggere e a quelli da rileggere ci sono i libri sconsigliati, quelli da cui sarebbe bene tenersi alla larga. La lettura non è perciò soltanto un processo benefico, ma talvolta può rivelarsi un'attività nefasta.
La memoria intorno alle nostre letture si riorganizza incessantemente. La lettura e il nostro parlare di libri è più che altro un pretesto autobiografico, un modo per parlare di noi stessi. e per interpretare la nostra esperienza.
Bayard ci invita dunque a liberarci una volta per tutte dalla falsa idea perfezionista, imposta dalle istituzioni scolastiche, della lettura integrale, per vedere invece nei libri principalmente una parte di noi stessi, uno strumento fluido di autoconoscenza, un importante materiale per la costruzione della propria identità e un' occasione di creazione originale.