Breve storia del tema

Considerato da molti pedagogisti ed esperti di didattica l'"esecuzione di luoghi comuni, un vuoto dimenarsi, un concentrato di retorica", il tema d'italiano conobbe feroci critiche anche nei decenni passati.

Da Edmondo De Amicis, l'autore ottocentesco di Cuore, che trova innaturale l'italiano insegnato (e scritto) a scuola, una lingua estranea a coloro che non sono di origini toscane, ad Augusto Monti (1881-1966) che, ne I miei conti con la scuola. Cronaca scolastica italiana del secolo XX (1965), ravvisa nel tema di componimento un "invito alla bugia, alla retorica e al plagio".

Durante il fascismo il tema, come altri strumenti didattici, diventa occasione di propaganda e di indottrinamento. Man mano che progredisce nella propria carriera scolastica, lo studente svilupperà nei suoi scritti sempre i medesimi concetti, arricchendoli via via di aggettivi roboanti e di punti esclamativi e rendendo sempre più enfatico il proprio modo di esprimersi.

Nel dopoguerra una nuova pedagogia antiautoritaria si fa strada, proponendo principi innovativi: "le attività motivate dall'interesse invece che dal voto, la collaborazione al posto della competizione, il recupero invece della selezione, l'atteggiamento critico invece della ricezione passiva, la norma che nasce dal basso come esigenza comunitaria invece dell'imposizione della disciplina fondata sul timore". Così si esprime uno dei massimi alfieri del rinnovamento scolastico, il maestro Mario Lodi.

Le idee innovative, come spesso accade distorte e banalizzate, si trasformano ben presto in un nuovo conformismo, denunciato per esempio dallo scrittore Lucio Mastronardi nel suo romanzo Il maestro di Vigevano (1962).
Alla parola "tema", si preferisce, a partire da quegli anni, il termine più asettico di "composizione".

Per Tullio De Mauro, futuro ministro della Pubblica Istruzione, il tema favorisce la "verbosità, cioè l'adozione, da parte degli allievi e dei docenti, di formule stereotipiche cristallizzate", come scrive nella sua Storia linguistica dell'Italia unita (1963).

Sull'onda del successo di Lettera a una professoressa (1967) di don Lorenzo Milani, testo che critica aspramente la selezione classista operata dalla scuola, nascono le Dieci Tesi per un'educazione linguistica democratica, redatte dal GISCEL (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell'Educazione Linguistica). Nel documento si critica la "produzione scritta scarsamente motivata (pensierini, temi)", gli "interventi correttivi volti a reprimere le deviazioni ortografiche, di sintassi, di stile e vocabolario" , la tendenza a favorire la dannosa propensione a dilungarsi genericamente su un argomento, trascurando nello studente lo sviluppo di abilità più importanti, come la capacità di sintesi e di elaborare appunti.

Gianni Rodari, nella sua Grammatica della fantasia (1973) sottolinea come l'errore dello studente, subito sanzionato dall'insegnante, vada invece reinterpretato come fuga creativa dall'aridità delle regole.

Negli anni Ottanta pedagoghi e insegnanti hanno un ripensamento: avvertono che i nuovi metodi introdotti nella scuola  potrebbero addirittura vanificare il concetto stesso di "educazione linguistica".

Il tema, come esercizio scritto, fondamento della scuola italiana, continua tuttavia ad essere disapprovato. Viene considerato come "il residuo di un tipo di esercitazione proprio dei collegi gesuitici del Seicento, l'amplificatio (e, più  indietro nel tempo, delle composizioni delle scuole di retorica della tarda antichità, le cosiddette crie)". L'"amplificazione" consisteva nello sviluppo di una traccia, rappresentata il più delle volte da una sentenza, a sfondo morale o religioso, di un autore celebre.

Negli anni Novanta, il Ministero accoglie parte delle critiche mosse al tema tradizionale e gli affianca, come prova scritta, nell'anno scolastico 1998-99, l'"articolo di giornale" e il "saggio breve".

L'industria editoriale sommerge il mercato di manuali di scrittura ad uso scolastico. Pur nelle indicazioni a volte contraddittorie che vengono fornite nei vari testi, vengono identificate le regole da seguire per scrivere bene: rispetto della pertinenza, della coerenza, della coesione, della proprietà e della correttezza.

Il tema viene riabilitato sotto forma di "saggio breve". Per Santagata et al. (Guida alla scrittura, 2006), il saggio breve assomiglia al tema classico, da cui si differenzia per la necessità di una documentazione adeguata e per la chiarezza del destinatario cui lo studente si rivolge.

Diventato ormai un genere letterario, il tema, spacciato in precedenza come mera produzione di chiacchiere a vuoto, torna dunque ad esser considerato uno strumento didattico duttile e proficuo, mentre ancor oggi l'articolo di giornale e il saggio breve non trovano nella didattica una chiara e condivisa definizione.

Riferimenti bibliografici:
Serianni, L., Benedetti, G., Scritti sui banchi. L'italiano a scuola tra alunni e insegnanti, Roma, Carocci, 2009

| home |

| temi


Pagina aggiornata il 24.09.11
Copyright 2000-2011 Valentino Sossella