Umberto BOCCIONI

Boccioni nasce a Reggio Calabria nel 1882. nel 1900 si stabilisce a Roma restandovi fino al 1906. qui approfondisce i propri interessi per la pittura e la letteratura, prende lezioni di disegno e frequenta la scuola libera del nudo. Stringe amicizia con Severini e con lui frequenta lo studio di Giacomo Balla, dal quale apprende la tecnica divisionistica e il gusto per la pittura dal vero. Nel 1907 si trasferisce a Milano. Nei dipinti del periodo milanese affiorano la lezione di Balla, la tecnica divisionistica, ma anche un preciso riferimento alla pittura impressionista e post-impressionista. Nel frattempo  apprezza le opere degli espressionisti tedeschi. Nel 1910 avviene il decisivo incontro con Marinetti. Boccioni aderisce al futurismo con entusiasmo e partecipa al Manifesto dei pittori futuristi e diventa il principale ispiratore del manifesto tecnico della pittura futurista nel quale l’idea di pittura è resa più esplicita. Partecipa a numerose manifestazioni futuriste. A Parigi conosce gli esiti maturati dai pittori cubisti soprattutto per il processo di scomposizione delle forme e dei volumi. Nel 1914 pubblica pittura scultura futuriste e dinamismo plastico, due testi sull’estetica futurista. Richiamato alle armi, muore nell’agosto del 1916. Tra le sue opere maggiori ricordiamo la città che sale del 1910, in cui il protagonista è un turbinoso affollarsi di cavalli e di uomini che invade quasi l’intero campo dell’immagine e che lascia emergere sullo sfondo le alte e diritte impalcature di alcuni edifici in costruzione. Lo scenario è quello della periferia urbana. Il tema che emerge è quello del lavoro. Una febbrile attività anima le figure e ne deforma i corpi. Le movenze dei personaggi sono ulteriormente evidenziate dalla tecnica divisionista che pone in primo piano la componente cromatica, costituita da masse di colore che si compenetrano e si scontrano generando un forte effetto di moto. Questa forza inesauribile diventa espressione di slancio vitale che l’estetica futurista considera elemento primordiale della vita. con la città che sale egli intende indirizzare il proprio linguaggio verso una pittura che vada oltre la pura raffigurazione degli oggetti per giungere all’espressione di una sensazione, di un’emozione, di uno stato d’animo. Stato d’animo è appunto il titolo di un’altra opera di Boccioni, del 1911, nel quale l’autore analizza uno stesso evento nei suoi diversi risvolti emotivi. Questa opera consiste in un ciclo composto da tre dipinti nei quali lo stesso tema viene trattato da tre punti di vista diversi che si intitolano gli addii, stati d’animo:quelli che vanno e stati d’animo: quelli che restano. La seconda particolarità di questa opera è che esistono due versioni di poco successive l’una all’altra, la prima delle quali è realizzata in una fase precedente all’incontro parigino con i pittori cubisti. La seconda versione nasce in un momento immediatamente successivo a quell’importante incontro. La concezione della pittura come espressione di sensazioni, la riaffermazione del ruolo della tecnica divisionista, la dichiarazione che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi, sono elementi che si ritrovano in ambedue le versioni. Prendendo in esame più dettagliatamente il primo dei dipinti della serie stati d’animo,  gli addii, tali aspetti emergono con evidenza. Nella prima versione il linguaggio adottato deriva dalla tecnica della scomposizione divisionista,. Le ondeggianti linee di colore lasciano intravedere figure appena delineate, nell’atto di unirsi in un abbraccio e in qualche modo riverberano quel movimento, espandendone la dinamica nello spazio circostante. L’artista vuole comunicare il senso di un momento psicologicamente molto particolare come quello del commiato e del distacco. Nella seconda versione, il linguaggio di Boccioni appare già molto diverso e risente fortemente dell’esperienza cubista. Al centro del dipinto emerge il profilo di una locomotiva a vapore. Tra i criteri della pittura futurista il primo e più evidente è quello della simultaneità della visione. Il secondo è quello della sintesi tra la visione ottica (percezione) e la visione mentale (comprensione). Il terzo criterio è il più tipicamente futurista e consiste nella compenetrazione dinamica. 

 

(elettra d'a.)