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Gli anziani
E' sempre la solita ripetuta affermazione, non per
questo meno vera: il progresso tecnologico e
materiale delle società "affluenti" non è
andato, in tutti i gli ambiti vitali, di pari passo
con il progresso morale. Ne è un esempio la
condizione degli anziani, che la vita quotidiana dei
paesi industrialmente più sviluppati tende a
collocare ai margini. Succede che un tipo di società che dà valore alla produttività, alla velocità, alla giovinezza, all'efficienza, al consumo vistoso e immediato, all'individualismo competitivo ed esasperato, al cambiamento costante di gusti e opinioni non può che tendere ad escludere, in modi a volte subdoli e sottili, chi non riesce ad adeguarsi ai valori dominanti. A parte pochi privilegiati, per reddito, cultura e salute, che occupano un ruolo preminente nella scala sociale, a volte persino eccessivo (occorre guardarsi anche dai pericoli delle gerontocrazie), la maggior parte degli anziani vive una penosa condizione di invisibilità, di mancanza di potere, di emarginazione. Gli anziani sono lenti nei movimenti, mal si adattano ai vorticosi cambiamenti del mondo del lavoro e alla filosofia produttivistica delle aziende, hanno perso flessibilità, sono spesso rigidi nelle loro opinioni e atteggiamenti, sono a volte persino portatori di preconcetti difficilmente difendibili, rappresentano valori sconfitti dall'attualità, testimoni noiosi e ripetitivi di un mondo agli albori della tecnologia, spesso minati da penose malattie, insufficienze, incapacità, che ci costringono, tutti, a misurarci con i nostri limiti e la nostra fragile condizione di uomini. Ma quello che ancora più addolora è l'esclusione dell'anziano all'interno della famiglia stessa; il vecchio che vive al suo interno è poco adatto ai ritmi convulsi e alla ideologia consumistica, e spesso è d'intralcio alla filosofia del massimo divertimento da realizzare oggi, subito. E' un dato di fatto: le generazioni non si parlano più, condividono fra loro sempre meno valori. Noi giovani restiamo indefinitamente figli che tutto chiedono e niente danno, cui tutto è dovuto, senza alcuna gratitudine né compassione per chi ha contribuito alla condizione di cui godiamo. Non deve stupire se gli anziani vengono
fiduciosamente affidati a quei moderni
"lager" che sono talvolta (spesso?) gli
ospizi, le case di riposo, spesso terrificanti già
nell'architettura finto razionalista,
istituzionalizzati, dimenticati, sopraffatti da
organizzazioni indifferenti, avide e violente, senza
diritti, abbandonati consapevolmente persino dallo
Stato che infatti non esercita quasi mai il suo
potere di controllo. Rimedi definitivi, ricette infallibili e
miracolose forse non ce ne sono. L'uomo deve
misurarsi, dicono i buddisti, con tre condizioni pressoché invincibili: malattia, vecchiaia e morte. Inoltre bisogna migliorare e personalizzare l'offerta
di servizi e opportunità, bisogna razionalizzare gli
interventi socio-sanitari, smettendola però di
ridurre al lumicino le già insufficienti risorse
destinate all'assistenza e alla sanità. Occorrono pensioni più adeguate, che permettano agli anziani una più sicura autonomia economica, bisogna incentivare e premiare concretamente, economicamente chi si prende cura dei vecchi. Bisogna ripensare soprattutto la nostra organizzazione di vita occidentale, la nostra filosofia falsamente vincente, quando l'automazione tende sempre più a liberarci dal tempo di lavoro e quando questo tempo potrebbe essere proficuamente impiegato nel migliorare la qualità della vita dei soggetti più deboli e bisognosi.
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Pagina aggiornata il 29.11.01 |