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Non potevo più rassegnarmi al destino. Il mio destino non
era di essere buono, secondo la nostra tradizione, ma di fare fortuna. Ma
in che modo? Che cosa avevo da offrire? L'inquietudine cominciava a
mangiarmi dentro. (V.S. Naipaul, Alla curva del fiume) Sorrise al proprio destino. Con l'intelligenza, egli era riuscito un
tempo. Deputato, ministro, eccetera. Successo fragile, poiché tutto
d'intelligenza. Successo su corda tesa e senza rete. Privo di appoggi, di
parentele, di amicizie ereditarie, di amicizie d'infanzia e di
adolescenza, di tutte quelle difese naturali che tesse l'appartenenza
reale a un ambiente, non aveva mai potuto contare che su se stesso. Un
errore generoso lo ha condannato. Ora è soltanto un uomo solo. Gli altri,
i radicati, una miriade di fili protettivi li collega a degli alleati
naturali. La vita è facile per quei normali, talmente facile che
essi non sanno neppure quanto debbono al loro ambiente, e sono
convinti d'esser riusciti per loro merito. Il ruolo fondamentale che
giocano le parentele, le relazioni di lunga data, per l'immensa accolita
dei fortunati, consiglieri di Stato, ispettori delle Finanze, diplomatici,
tutti ex-somari. Vorrebbe vederli al posto suo, cretini protetti fin dalla
nascita, dolcemente sospinti dalla culla alla tomba. Non basta avere successo, bisogna che i nostri conoscenti
falliscano. In un modo o nell'altro, che tu sia una freccia o vada alla deriva,
si arriva sempre alla fine. In
Occidente trionfa spesso una cultura [...], che inneggia alla fine dei
valori e al trionfo di un automatico meccanismo sociale in cui non c'è
alcuna diversità fra la vita e la sua rappresentazione, fra l'essere e
l'apparire, la persona e il ruolo, il significato e il successo. Non c'è che una risposta alla disfatta:
la vittoria. Ogni uomo che meriti di essere celebre sa
che non ne vale la pena. C'è molto più da dire sul fallimento che sul successo.
È più interessante. Tutti trionfavano intorno a Mario. [...] Fama crescit eundo. Gloriam qui spreverit veram habebit. Il metodo del successo consiste in larga
misura nel sollevamento della polvere. L'unico posto in cui successo (success)
viene prima di lavoro (work)
è il dizionario. Spesso i trionfi più squillanti arrivano in momenti non previsti. Perché tutti, tranne me, riuscivano ad avere ragione del tempo
attraverso la costanza, la perseveranza, gli sforzi, l'ambizione, i
risultati ottenuti? Non voglio parlare di disperazione, di solitudine. Ma
mi sento molto depressa, disillusa. Mi hanno ingannato. Il successo è forse la cosa più bella della vita. È l'obiettivo
supremo. In qualsiasi momento, con qualsiasi azione, consciamente o non,
miriamo ad avere successo. Esso ci dà benessere e fiducia; ci assicura
buona salute. Tutto sta ad intendersi sul significato che diamo alla
parola. Per me [...] il successo consiste nel fare bene le cose che
faccio, non nel sorpassare gli altri: meglio perdere con stile, che
vincere con l'imbroglio. Un uomo libero, quando è sconfitto, non dà la colpa a nessuno. Mi hanno insegnato che non è il successo il criterio per essere sé
stessi, ma che essere se stessi è il successo. Sia detto di passaggio, il successo è cosa abbastanza sporca, la
sua falsa rassomiglianza con il merito inganna gli uomini. Successo è il participio passato del verbo succedere. Nessuno riesce mai in tutto quello che intraprende. In questo
senso siamo tutti dei falliti. La mia storia e le mie storie sono tutte, in un modo o
nell'altro, la stessa cosa: racconti sulla solitudine e su un'ambiziosa
ricerca di relazioni, sul successo e sull'inevitabilità della sconfitta.
[...] Il successo [...] non attenua in alcun modo la consapevolezza che il
fallimento è in agguato dietro a tutto ciò che fai. Come fanno le altre persone a sopportare le loro colpe
quotidiane, i loro quotidiani fallimenti? Eppure, ovunque, volti
dall'espressione perfettamente contenuta. Il successo dei contemporanei, soprattutto nelle cose d'arte e di
cultura, ma non solo in quelle, invece d'essere accolto bouche beant, come
ormai facciamo noi, dovrebbe al contrario essere guardato con un certo
sospetto perché non sempre, ma spesso, c'è nei motivi di questo successo,
proprio perché troppo consonante con i propri tempi, qualcosa di banale, di
conformistico, di contingente e quindi di caduco. Non passiamo dimenticare che negli ultimi anni si è diffusa
l'idea che la pietra di paragone del valore personale fosse sempre e solo il
successo [...]. Come se il successo e la visibilità, di per sé, fossero una
garanzia di qualità. Il bisogno di gloria deriva da un senso di totale insicurezza
circa il proprio valore, dalla mancanza di fiducia in se stessi. La fortuna è arbitra della metà delle nostre azioni, ma ci lascia
dirigere l'altra metà. Un uomo può fallire molte volte, ma non diventa un fallimento
finché non comincia a dare la colpa a qualcun altro. Fummo sempre fedeli alle cause perse: il successo per noi è la
morte dell’intelletto e della fantasia. Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e
altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia
carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento
partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro
decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per
questo che alla fine ho vinto tutto. Mi meraviglio di quanto poco eccitante sia essere famoso, di
quanto siano ordinarie le persone famose. Sono confuse, incerte, insicure, e
spesso odiano ciò che fanno. Che cosa è mai la gloria se non la somma
dei malintesi raccolti intorno a un grande nome? Vince solo chi non riesce mai. La tenacia di fronte alle difficoltà consente di prevedere le
chance di successo delle persone meglio del loro quoziente intellettivo,
sostiene anche la psicologa dell’Università della Pennsylvania Angela Lee
Duckworth nel suo libro sulla grinta. La vita è dura ma gli ostinati non si
scoraggiano. I talentuosi incapaci di accettare gli insuccessi, invece,
possono finire per arrendersi. Il segreto è insistere: fallire ancora,
fallire meglio, per citare una frase celebre di Samuel Beckett. Nelle democrazie la mediocrità ha più successo del vero talento,
soprattutto quando questo si unisce ad un carattere nobile. L'adulazione, il
servilismo, la bassezza, una falsa abilità malleabile e paziente, conducono
più sicuramente al successo che no il genio e la virtù, presso quei popoli
che si definiscono liberi. D'altronde, il genio e lo stesso talento, anche
se avessero qualcosa di elevato incontrerebbero troppe difficoltà:
troverebbero troppi ostacoli ad impiegarsi in uno stato democratico. Per
conseguire un risultato importante, per realizzare delle grandi cose il
tempo è indispensabile, così come la coerenza nei consigli. Questa
perseveranza è propria dei governi aristocratici: essi non dormono mai, non
si stancano mai, non abbandonano mai un disegno già concepito: tutto, al
contrario, viene lasciato al caso, per foga o per capriccio, nelle
democrazie; per questo non hanno mai avuto altero splendore che quello delle
armi, né altra prosperità che la conquista. [...] qualunque fallimento, qualunque perdita, non riguarda mai
la totalità del nostro essere. È sempre la sconfitta di un nostro progetto,
di un nostro sogno, di una nostra aspirazione. E noi, anche se non lo
sappiamo, siamo sempre di più di ciò che abbiamo scelto di essere e di fare. "Io sono un fallito coi fiocchi" Anche fallire ci rende liberi. Ho provato. Ho fallito. Prova ancora. Fallisci meglio. Le riuscite sono fallimenti ritardati. Il compito nella nostra vita non è di trionfare, ma di continuare
a cadere serenamente. L'unico vero fallimento è quello da cui non impariamo nulla. In me c'è ancora un vinto che vuole prendersi una rivincita.
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