LAVORO
Nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera
di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a
piacere, la società regola la produzione generale e in tal modo mi
rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell'altra, la
mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il
bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza
diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico. Abbiamo un impiego. Un impiego! Il premio che ci spetta
dopo anni di studio! Abbiamo lavorato duramente da giovani per poter
di nuovo lavorare duramente da adulti. Un impiego! Il culmine della
nostra vita! La risposta! Chi è maestro nell'arte di vivere distingue poco fra il
suo lavoro e il suo tempo libero, fra la sua mente e il suo corpo,
la sua educazione e la sua ricreazione, il suo amore e la sua
religione. Con difficoltà sa cos'è cosa. Persegue semplicemente la
sua visione dell'eccellenza in qualunque cosa egli faccia, lasciando
agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui, pensa sempre
di fare entrambe le cose insieme. Come sia possibile sopportare la vera e
profonda noia di non fare con scrupolo tutto ciò che
si fa, foss'anche battere un chiodo, è difficile
spiegarlo. Il peggio mestiere è quello di non averne
alcuno. Soprattutto niente zelo. È impossibile godere appieno dell'ozio se
non si ha un sacco di lavoro da fare. Il lavoro non mi piace, non piace a
nessuno, ma a me piace quello che c'è nel lavoro: la
possibilità di trovare se stessi. C'è la diffusa tendenza da parte delle
imprese, a considerarti un beneficato, per la sola
ragione che pagano il tuo lavoro. Se gli uomini hanno la capacità di
inventare nuove macchine che tolgono lavoro ad altri
uomini, hanno anche la capacità di rimetterli al
lavoro. Influire è meglio che fare. Non c'è vera ricchezza all'infuori
dell'umano lavoro. Per fare le cose occorre tutto il tempo che occorre. L'uomo è come una bestia, che vorrebbe far niente. Una strana follia possiede le classi operaie delle
nazioni in cui domina la società capitalistica. E' una follia che
porta con sé miserie individuali e sociali che da due secoli stanno
torturando la triste umanità. Questa follia è l'amore del lavoro, la
passione esiziale del lavoro, spinta sino all'esaurimento delle
forze vitali dell'individuo e della sua progenie. Anziché reagire
contro questa aberrazione mentale, i preti, gli economisti, i
moralisti hanno proclamato il lavoro sacrosanto. Da uomini ciechi e
limitati quali sono, hanno voluto essere più saggi dello stesso Dio;
uomini fiacchi e spregevoli, hanno voluto riabilitare ciò che il
loro Dio aveva maledetto [...]. Si dice che la nostra epoca è il
secolo del lavoro; è infatti il secolo del dolore, della miseria e
della corruzione. L'uomo sano e saggio non si allontana mai dalla ragione e non
si concede nessuno svago se non quello del proprio lavoro. Anche in questa epoca nostra in cui la sofferenza delle masse
è formidabile e i problemi sociali sono straordinariamente
complicati, può esserci una gioia di vivere, sol che noi vogliamo
vedere in ogni problema che il nostro tempo ci pone un compito a noi
affidato. Come può ogni singolo individuo venire a capo di questo campito?
Ciò dipende dalla sua capacità personale e dalla sfera di azione a
lui affidata. Ma chiunque di noi voglia comprendere, può
raggiungere la più alta felicità che l’uomo possa conoscere:
quella di lavorare per la felicità altrui. La società non si cura dell'individuo che nella misura in cui
esso renda. I giovani lo sanno. La loro ansietà nel momento
d'affrontare la vita sociale è simmetrica all'angoscia dei vecchi
al momento in cui ne sono esclusi. V'è quasi sempre un'ambivalenza nel lavoro, che è al tempo
stesso un asservimento, una fatica, ma anche una fonte d'interesse,
un elemento di equilibrio, e un fattore di integrazione alla
società. Quest'ambiguità si riflette nella pensione, che si può
considerare come una specie di grande vacanza, o come una caduta tra
gli scarti. Già esserci è l'ottanta per cento del lavoro. Esiste poi il coraggio necessario per resistere alle
difficoltà che ci logorano. Noi sappiamo che, qualsiasi mestiere
facciamo, qualsiasi compito svolgiamo, ogni giorno incontreremo
continuamente opposizioni, ostacoli da superare. E in certi casi le
difficoltà sono così grandi da farti pensare che forse sia meglio
lasciar perdere, ritirarsi. Ti assalgono allora un'immensa fatica e
il senso dell'inutilità di ogni cosa. [...] Lo scoramento è una
terribile tentazione. Il lavoro e l’applicazione continui sono il cibo del mio
spirito. Quando comincerò a cercare il riposo, allora smetterò di
vivere. L'accorciamento dell'orario di lavoro non ha creato nuovo
lavoro ma solo straordinari. In ogni attività la passione toglie gran parte della
difficoltà. [Odio il lavoro] che mi realizza come un pugno nello stomaco. Il lavoro, il merito e l'esperienza devono essere sempre
ricompensate. Non dare mai a nessuno il 100% di te stesso. Non è dal lavoro che nasce la civiltà: essa nasce dal tempo
libero e dal gioco. Chi è maestro nell'arte di vivere distingue poco fra il suo
lavoro e il suo tempo libero, fra la sua mente e il suo corpo, la
sua educazione e la sua ricreazione, il suo amore e la sua
religione. Con difficoltà sa cos'è cosa. Persegue semplicemente la
sua visione dell'eccellenza in qualunque cosa egli faccia, lasciando
agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui pensa sempre
di fare entrambe le cose insieme. Il lavoro è umano solo se resta intelligente e libero. La causa principale del progresso nelle capacità produttive
del lavoro, nonché della maggior parte dell'arte, destrezza e
intelligenza con cui il lavoro viene svolto e diretto, sembra sia
stata la divisione del lavoro. Quando lavoriamo dobbiamo lavorare. Quando giochiamo dobbiamo
giocare. Non serve a nulla cercare di mescolare le due cose. L'unico
obiettivo deve essere quello di svolgere il lavoro e di essere
pagati per averlo svolto. Quando il lavoro è finito, allora può
venire il gioco, non prima. La reale conquista della scienza e della tecnologia moderna
consiste nel prendere delle persone normali, nell'istruirle a fondo
in un settore limitato e quindi nel riuscire, grazie a un'adeguata
organizzazione, a coordinare la loro competenza con quella di altre
persone specializzate, ma egualmente normali. Ciò consente di fare
a meno dei geni. Il posto di lavoro ideale è definito come ambiente sicuro e
salutare, nel quale le persone possono esprimere il loro potenziale
attraverso un lavoro essenzialmente gratificante e per il quale
vengono ricompensate in modo equo. Dobbiamo impegnarci a far bene, ma ricordandoci che una cosa
fatta bene può sempre essere fatta meglio. Non saprei iniziar niente con una felicità eterna, se non mi
si offrissero nuovi compiti e nuove difficoltà da superare. Ci sarà da lavorare, quindi ci sarà da divertirsi. I consumatori nella società dei consumi, così come gli
abitanti della Leonia di Calvino, hanno bisogno di "spazzaturai",
e in gran numero, e del tipo che non si schifa a toccare e
maneggiare quel che è già stato consegnato al cumulo delle
immondizie; ma i consumatori non sono disposti a fare il lavoro
degli spazzaturai. In fin dei conti, sono stati formati a godere
delle cose, non a soffrirne. Sono stati educati a non sopportare la
noia, la monotonia e i passatempi tediosi. Sono stati addestrati a
cercare strumenti che facciano per loro ciò che un tempo facevano
da soli. Sono stati sintonizzati sul mondo del "pronto
all'uso" e al mondo della soddisfazione istantanea. Ecco che
cosa sono le delizie della vita dei consumatori. Ecco che cos'è il
consumismo. E di certo non comprende lo svolgimento di lavori
sporchi, sfibranti, noiosi o semplicemente non divertenti. Con ogni
trionfo successivo del consumismo, il bisogno di spazzaturai cresce,
e il numero delle persone disposte a diventarlo cala. La fabbrica fordista [...] ridusse le attività umane a
movimenti semplici, standardizzati e in grande misura preprogrammati,
da seguire ubbidientemente e meccanicamente senza impegnare alcuna
facoltà mentale e tenendo alla larga la spontaneità e qualsiasi
iniziativa individuale. Lavoriamo senza riflettere, è l'unico modo per rendere la
vita sopportabile. La mia prima scoperta è stata che nessuna occupazione, per
quanto umile, è veramente "non qualificata". Tutti i
lavori che ho affrontato nel corso del mio esperimento richiedevano
concentrazione e molti anche la padronanza di nuovi termini, nuovi
strumenti, nuove competenze: dal passare gli ordini al computer di
un ristorante al manovrare l'aspirapolvere a zaino.. [...]
Indipendentemente dal mio valore negli altri settori della vita, nel
mondo del lavoro a basso costo ero una persona di media abilità:
capace di imparare, ma anche di combinare disastri. Si vedeva che detestavano le ore passate in ufficio, ma non è
che fossero proprio ansiose di tornare dai mariti e dalle mogli
irascibili e dai figli villani, o da nessuno se vivevano da sole. Il
viaggio in treno era un piccolo intermezzo in cui potevano essere se
stessi, niente capo, niente marito, niente moglie, niente colleghi e
niente figli. Non ho mai considerato degradante una sola delle centinaia e
migliaia di attività che ho svolto nella cantina. Conosco molti cretini, figli di potenti che con varie
strategie sconfiggono giovani intelligenti, ma meno abbienti: gli
idioti del successo che potranno dire di aver prevalso in un sistema
aperto, in una competizione paritaria. Sono impietrito di fronte
alle sopraffazioni, ai concorsi pubblici espletati nel pieno rigore
delle formalità burocratiche e guidati per far vincere i
raccomandati. In alcuni casi, quando il livello è di una disparità
abissale, uno perde perché il suo valore non è quello richiesto
per la specifica posizione. Bravissimo ma non ha concorso al posto
giusto, aggiudicato a un imbecille che ha fatto poco, ma nell'ambito
di pertinenza. Sono impaurito da questa meritocrazia che esclude i
meritevoli, futuri malati di emarginazione, come fossero predisposti
per una scadente biologia, razza impura. Ormai i ragazzi si buttano a capofitto in professioni che
hanno scelto nella culla. Che ne era stato dei tentativi a vuoto? Il lavoro. Ti ha in pugno. È tutto intorno a te, come una
gelatina permanente che ti circonda, ti assorbe. E quando ci sei
dentro, guardi la vita attraverso una lente deformante. Massì,
certe volte ti prendi i tuoi angoli di relativa libertà dove puoi ritirarti,
quegli spazi leggeri e delicati dove le cose nuove e diverse, cose
migliori, possono sembrarti possibili. "[...] Capisco che hai sbiellato. Quando si deve lavorare
sempre al limite delle proprie possibilità, capita di andare fuori
giri". Almeno nel lavoro, avevo scoperto qualcosa che volevo. Qualunque cosa facessi, ero di solito annoiato, mi sentivo sempre
sottoutilizzato, non al massimo delle mie possibilità. Adesso mi
piaceva studiare, amavo leggere e mi piaceva il mio praticantato
[...] Occorre che i poveri trovino il lavoro da sé, che cerchino e
si ingegnino, che occupino posti reperibili sul mercato. [...] Non
occorrono leggi per cercare di procurare lavoro ai poveri; occorrono
invece leggi per costringere i poveri a lavorare. Non è il lavoro che deve andare in cerca degli uomini, ma
sono gli uomini che devono andare in cerca del lavoro. Ogni lavoro manuale richiede movimenti precisi e puliti, dove
sia netta la fine dell'uno e l'inizio dell'altro. E questa è la sua
grande, umile bellezza. "Si lavora meglio quando si ha famiglia. Se fossi rimasto
solo, credo, non avrei lavorato la metà. A che pro guadagnare dei
quattrini, quando non si ha per chi spenderli". Ma perché non parliamo delle cose che intendo fare domani? [...] dopo aver descritto quanto debbo al mio vecchio
mestiere, e la mia gratitudine per quanto mi ha dato (compresa la
pensione, e l'opportunità di girare per affari mezza Europa), devo
aggiungere che il giorno in cui l'ho lasciato è stato per me un
giorno di liberazione: mi sembrava di camminare sulle nuvole [...].
Una liberazione più pura, meno contaminata, di quella che ha posto
termine al Lager, e che si era svolta su uno scenario di strage e di
morte. Solo gli ignoranti pensano che fare le pulizie e cucinare
siano roba da casalinghe d'altri tempi. Nei monasteri zen, cuocere i
cibi e pulire sono onori che spettano ai monaci più esperti. Quando facciamo il nostro ingresso nell'ignobile mondo
del lavoro, rimaniamo ben presto turbati dalle umiliazioni in cui ci
imbattiamo. Lei stessa aveva dovuto rinunziare non solo ai piaceri, ma
addirittura ai desideri: era indispensabile, nel suo mestiere. Nel dopoguerra, molti direttori del personale non erano
laureati, e ritenevano perciò che assumere dipendenti usciti dalle
università avrebbe garantito una resa superiore a causa delle loro
strepitose conoscenze e capacità. Tutti erano felici di ingaggiare
laureati per mansioni che fino ad allora erano state svolte da
semplici diplomati delle scuole superiori. Eppure non è dimostrato
che la qualità del loro lavoro fosse migliore, e in molti casi si
dimostrò l'esatto contrario. In un celebre studio sui controllori
di volo, per esempio - mansione che richiede la capacità di
prendere decisioni molto complesse - il sociologo Ivar Berg
osservò che vi era un rapporto di inversa proporzionalità tra il
titolo di studio e la prestazione. "Mettetevelo in testa: qui i ragazzi non vengono per
trovare lavoro. Vengono per inventarsene uno." "Scegliti un mestiere" gli disse Betto. "Ma
sceglitelo da te, se ce n'è uno che ti piace. Il cappio al collo
mettitelo con le tue mani". "Del resto, non so, a me non è mai successo, ma fare un
lavoro senza niente di difficile, dove tutto vada sempre per
diritto, dev'essere una bella noia, e alla lunga fa diventare
stupidi". Il lavoro mi perseguita, ma io sono più veloce. "Nessuno dovrebbe mai lavorare. [...] Ne ho fatti mille
di mestieri quand'ero ragazzo, in America. E non uno che mi abbia
nobilitato. Il lavoro non nobilita l'uomo. Più facile che lo
ammazza, boiafaus" Era troppo stordito per pensare, benché si rendesse conto
di essere odioso a se stesso. Si sentiva avvilito; gli pareva di
essere caduto in qualche stato degradante. Tutto ciò che c'era in
lui di divino era cancellato. Lo sprone dell'ambizione era cessato;
non aveva più vitalità sufficiente per sentirne il pungolo. Era
morto. La sua anima sembrava morta. Egli era una bestia, una bestia
da soma. Non mi piace lavorare - non piace a nessuno - ma mi piace
ciò che nel lavoro è insito - la possibilità di trovare se stesso.
La tua realtà - per te, non per gli altri - ciò che nessun altro
uomo potrà mai sapere. Loro vedono soltanto l'apparenza e non sono
mai in grado di capire che cosa realmente significhi. Secondo uno studio recente, molto citato, di due
ricercatori dell'Università di Oxford, il 47 per cento degli attuali
posti di lavoro negli stati Uniti sarebbe a rischio di essere
automatizzato, possibilmente in uno o due decenni. Analoghe stime, a
cura del centro studi Bruegel, producono valori anche superiori al
50 per cento per i principali paesi europei, inclusa l'Italia. [...] un giorno avremo più modi per arricchirci come
effetto secondario del vivere vite creative e intelligenti, cercando
di fare cose che possano essere utili agli altri. Il modo più sicuro di condannarti alla mediocrità è
compiere soltanto il lavoro per cui sei pagato. Se c'è una cosa che abbiamo imparato è che tempo più
esercizio è uguale a risultato. Nonostante le ambasce, quando il più semplice dei
ragionamenti, anche quello formulato da un allocco, avrebbe portato
alla risoluzione obbligata di imprender un qualche cacchio di lavoro
per mantenere la famiglia, mio padre col ciufolo che si mise in
pista. Preferiva concepire i bisness
nella riserva della sua fantasia sfrenata. Preferiva vagabondare nei
pressi del casinò municipale del Lido. Fai ciò che ami e ama ciò che fai. Il lavoro salva l'uomo da tre grandi mali: noia, vizio e
necessità. Spesso da noi i migliori non erano i laureati dei grandi
atenei. Magari non erano nemmeno laureati. Non permettevo alle attività letterarie di interferire
nel lavoro di impiegato. Un uomo che prende denaro pubblico senza
guadagnarselo mi è così odioso che nel mio cuore non riesco a
trovare per lui nessuna clemenza. Il lavoro è tutto tempo sottratto alla carriera. La decrescita dunque è concepibile soltanto in una
"società della decrescita". Questo presuppone un'organizzazione
sociale completamente differente, nella quale viene messo in
discussione il ruolo centrale del lavoro nella vita umana, in cui le
relazioni sociali prevalgono sulla produzione e il consumo di
prodotti usa e getta inutili se non nocivi, in cui la vita,
contemplativa e l'attività disinteressata e ludica hanno il loro
spazio. Una riduzione draconiana del tempo di lavoro imposto, per
assicurare a tutti un lavoro soddisfacente e permettere un
riequilibrio dei tempi di vita, è una condizione preliminare. [...] un uomo si perfeziona lavorando. [...] Considerate
come, nei lavori più umili, ogni anima umana si organizzi in una
specie di vera armonia, dal momento in cui si mette a lavorare.
dubbi, desideri, pene rimorsi, indignazioni, lo stesso dolore, tutta
questa muta infernale assedia l'anima del povero lavoratore d'ogni
giorno, come quella d'ogni uomo; ma il lavoratore fa fronte al suo
destino, valorosamente, e tutta la muta si tace e indietreggia fino
ai suoi lontani antri. L'uomo è ormai un vero uomo. Nell'esaltazione del "lavoro", negli instancabili
discorsi sulla "benedizione del lavoro" vedo [...] la paura di ogni
realtà individuale. In fondo, [...] si sente oggi che il lavoro come
tale costituisce la migliore polizia e tiene ciascuno a freno e
riesce a impedire validamente il potenziarsi della ragione, della
cupidità, del desiderio d'indipendenza. Esso logora straordinari
mante una gran quantità d'energia nervosa e la sottrae al
riflettere, allo scervellarsi, al sognare, al preoccuparsi,
all'amare, all'odiare. |
| home
| | zibaldone |
|
Pagina
aggiornata il 12.07.20 |